È cronaca recente la sceneggiata tra governo e Agcom riguardo alle mancate promesse sul contrasto all’azzardo. Ma la confusione è tale che non si sa più come raccapezzarsi: provo a fare chiarezza.

Intanto va specificato che l’impegno, chiaro e netto, scritto nel Contratto di governo fra M5S e Lega era vietare ogni forma di sponsorizzazione e di pubblicità su ogni mezzo. E questo prevede il Decreto Dignità, che è stato convertito in legge un anno fa. Ho avuto il piacere di fare quattro chiacchiere in proposito con un osservatore attento e implacabile come Marco Dotti, uno dei più autorevoli rappresentanti del mondo No Slot, che si è subito accorto che qualcosa non andava. Infatti ha sottolineato che “l’articolo 9 del Decreto Dignità era stato scritto in fretta, male e fin da subito venne segnalata la possibilità che, senza un lavoro di presidio certosino del suo dispositivo, in fase di stesura delle linee guida per la sua applicazione – che il Decreto Dignità demanda a Agcom – venisse disatteso. Cosa che si è verificata”.

Un anno fa a spiegare la scarsa qualità della scrittura c’era un governo di neofiti; oggi invece disattendere il divieto totale e assoluto (al pari di quello per le sigarette) non è più giustificabile né politicamente né moralmente. Dotti insiste che i dati “evidenziano una mutazione genetica nel M5S, proprio su un tema che per anni è stato un punto chiave del suo programma elettorale prima e di quello di governo poi: la lotta all’azzardo predatorio”.

Non è un affare da poco; il solo gioco cosiddetto “legale” produce un volume d’affari di 110 miliardi l’anno. E quello che sta succedendo è che si è di fatto riaperta una battaglia ormai vinta: con le linee guida di applicazione dell’Agcom, il divieto fa acqua da tutte le parti.

Ripercorriamo velocemente l’iter temporale, sulla base della cronologia di Vita e con qualche piccola integrazione:
9 agosto 2018: Il Decreto dignità è legge, all’art. 9 prevede il divieto totale e assoluto di pubblicità dell’azzardo, che averebbe dovuto entrare a pieno regime, scadute le moratorie per i contratti in essere, il 14 luglio 2019.
26 aprile 2019: Agcom pubblica le linee guida di applicazione del decreto e classifica alcune tipologie come “informazione” e non come “pubblicità”.
aprile-maggio 2019: su Vita Marco Dotti e altri segnalano ripetutamente i punti critici delle linee guida Agcom.
5 giugno 2019: La commissaria Agcom Liberatore dichiara che il Governo “non ha fatto pervenire considerazioni critiche” sulle linee guida.
26 giugno 2019: Scade il termine per presentare ricorso da parte del Governo. Il Governo non presenta ricorso, ma alcuni esponenti cinquestelle al senato e alla camera dichiarano che Agcom ha annacquato il divieto assoluto e totale di pubblicità e sponsorizzazione.
22 luglio 2019: Marco Bellezza, consigliere giuridico di Di Maio, dichiara che il governo prenderà altri provvedimenti sulla pubblicità dell’azzardo.
26 luglio 2019: scade il mandato settennale dei commissari Agcom.
30 luglio 2019: con i commissari Agcom con mandato scaduto, il M5S si accorge ufficialmente che ci sono delle falle nel suo decreto, in particolare sul tema della pubblicità delle scommesse sportive durante partite e trasmissioni tv. Di Maio annuncia ricorso al Tar contro le linee guida di Agcom, ma i termini per farlo sono scaduti da oltre un mese. Dichiara che a settembre dimetterà i vertici Agcom (che sono già scaduti).

“La battaglia contro l’azzardo è diventata” – insiste Dotti – “un mero alibi per giochetti di poltrone. A riaprire la questione è stata l’inerzia del governo e, soprattutto, del M5S che ha la delega sull’azzardo con Alessio Villarosa (M5S), che si è distinto come non pervenuto sul tema. Sì ricorda di lui solo la presenza in piazza a una manifestazione dei tabaccai che contestavano il governo per le ventilate (e mai realizzate) strette sulle slot machine… Insomma, un pasticciaccio, forse un mix impreparazione e malafede”.

Fin qui la cronaca recente.
Ma vorrei sottolineare alcuni fattori che possono ben far immaginare cosa gira intorno a questo mondo dell’azzardo cosiddetto “legale”.
In primis l’entità del malloppo giocato, ben 110 miliardi: sono in tanti a non volersi far sfuggire un boccone così succoso.
Poi un’anomalia, tutta italiana: siamo tra quelli che giocano di più al mondo, con circa 500 euro/anno di perdita secca per residente adulto, ma abbiamo una delle quote più basse di giocato nei casinò (i nostri casinò sono pochi, gestiti in modo inverecondo e inquinati dalla politica, basti pensare al casinò di Campione chiuso per debiti); ne consegue che deteniamo il record come giocatori di gaming machines fuori dai casinò. E ovviamente le gaming machines fuori dai casinò sono le peggiori, quelle che danno i rendimenti più bassi, quelle che più facilmente possono cadere in mani sbagliate, quelle che attirano persone dei ceti economici medio-bassi, molte delle quali destinate poi a rovinarsi e a contrarre dipendenza (azzardopatia). In altre parole, sono il principale dei problemi dell’azzardo.

C’è poi la vecchia manfrina – tanto cara alle lobby – del “gioco legale – gioco illegale”; ma dobbiamo farcene una ragione, il problema in Italia, oggi, è il gioco “legale”, molto più diffuso di quello illegale. È attraverso il gioco “legale” che viene riciclata una montagna il denaro (e i recenti sequestri e dossier lo confermano) e sono pure convinto che sia proprio il gioco “legale” a fare da volano a quello illegale. E poi, legale! Mi viene in mente l’Art. 41 della Costituzione: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Ma siamo poi così sicuri che il gioco “legale” non si svolga in contrasto con l’utilità sociale e non rechi danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana?

E con le nuove regolamentazioni e le nuove tecnologie, le cose saranno destinate ad andare meglio? Vogliamo sperarlo, ma una qualche inquietudine ci viene per esempio delle nuove VLT con controllo da remoto. Chi controllerà? Raccoglieranno dati per rendere le macchinette ancora più maligne?

Insomma non c’è tanto da stare allegri. Lo Stato da una parte sembra gettare la spugna in questa lotta che vedeva unita gran parte della società e che sembrava già un po’ vinta; dall’altra ha preso nel mucchio (e quindi paralizzato) il mondo del Poker che – come ho avuto modo di scrivere anche recentemente qui sul Fatto – col Gioco d’Azzardo Patologico (GAP o Azzardopatia) nulla ha a che spartire.

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